Corte di Cassazione n. 26351 del 7 novembre 2017
Prima di affrontare il tema specifico oggetto della pronuncia in esame, pare opportuno osservare che anteriormente alla riforma del diritto di famiglia (attuata con la Legge 151 del 1975), l’art. 692 u.c. c.c. sanzionava espressamente con la nullità ogni clausola testamentaria diretta a vietare le guerre sono quelli su cui si legge quanto di seguito 22301 molto interessante che serie facendo sulla responsabilità da un difetto di un italiano di leggerezza, di riforma del 75, la giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto che la nullità della clausola testamentaria con la quale si imponga all’erede il divieto di alienazione a pena di risoluzione della relativa istituzione, vada affermata nel vigore dell’attuale codice civile, in quanto il divieto in parola sarebbe ancora deducibile dalla generalizzata proibizione normativa del fedecommesso, al di fuori della specifica ipotesi di legge ( Corte di Cass. sent. n. 6005/1981).
Va detto, che secondo parte della giurisprudenza il divieto di alienazione può considerarsi valido se contenuto entro ragionevoli limiti di tempo, purché sia sorretto da un apprezzabile interesse del testatore, secondo il principio generale di cui all’art. 1379 c.c., mentre la deve considerarsi nulla la clausola testamentaria che contiene un divieto di alienazione senza limiti temporali, e dunque perpetuo, ponendosi in insanabile contrasto con il principio secondo cui il diritto di proprietà non tollera limitazioni o compressioni, sia nella facoltà di godimento che in quella di disposizione, che non siano quelle espressamente previste dalla legge
Tanto premesso con la pronuncia in oggetto la Corte di Cassazione è giunta ad affermare che la divisione ( rectius, lo scioglimento della comunione ereditaria) con assegnazione di un bene ai condividenti non è qualificabile come atto di alienazione e, quindi, non viola il relativo divieto imposto dal testatore, in quanto l’effetto “dichiarativo-retroattivo” della divisione rende ogni comproprietario titolare di quanto attribuitogli fin dall’epoca di apertura della successione. Il divieto di alienare imposto dal testatore non impedisce la divisione dei beni in quanto l’atto ha natura dichiarativa e non di atto di disposizione, sia che la divisione sia compiuta in forma giudiziale che convenzionale.