Cassazione penale Sentenza 12/01/2012, n. 555
Integra il reato ex art. 2636 c.c. l’adozione di provvedimenti da parte dell’assemblea sociale, la cui regolare costituzione sia stata fraudolentemente attestata nel verbale.
Interessante decisione della Suprema Corte in relazione al delitto di influenza illecita sull’assemblea.
Questo il caso sottoposto al vaglio dei giudici di legittimità: la Corte di appello di Palermo confermava la sentenza di prime cure, la quale aveva affermato la penale responsabilità dell’imputato in ordine al reato di cui all’art. 2636 c.c., perché, quale amministratore unico di una s.r.l., aveva ripetutamente determinato le maggioranze nelle assemblee sociali con atti fraudolenti, di fatto impedendo a due delle tre socie di parteciparvi, condotte poste in essere con finalità di conseguimento di un ingiusto profitto. In particolare, si era appurato che l’imputato – marito di una delle tre socie della s.r.l. – a causa di perdite di esercizio che non voleva, nella sua veste, far emergere, aveva convocato le assemblee sociali del 2004 e del 2006, nel primo caso facendo figurare a verbale la presenza di una socia, che invece non era stata neppure convocata; nel seconda, attribuendo alla moglie la titolarità di quote sufficienti per la valida costituzione della assemblea, nonostante così non fosse. In entrambe le assemblee erano state prese determinazioni funzionali all’intento preso di mira dall’imputato, quali l’approvazione del bilancio del 2003 e la rinnovazione della carica di amministratore. Nel ricorrere per cassazione, tra i motivi di ricorso la difesa censurava la motivazione della sentenza d’appello, che, a suo avviso, confermato la sentenza di primo grado nonostante l’assenza di prova circa: la falsificazione di documentazione sottoposta ai soci, le interferenze sulla regolare formazione delle delibere assembleari, il ricorso ad artifici, la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato. La Cassazione ha respinto il ricorso prendendo le mosse dal dato normativo: nel prevedere il reato di “illecita influenza sull’assemblea” l’art. 2636 c.c., «punisce la condotta di chiunque compia qualsiasi atto di natura fraudolenta che di fatto determini in maniera alterata la maggioranza della assemblea dei soci, quando tale condotta è finalizzata al conseguimento di un ingiusto profitto». Sotto il profilo oggettivo, il reato è perciò integrato da «qualsiasi operazione che artificiosamente permetta di alterare la formazione delle maggioranze assemblea, rendendo così di fatto possibile il conseguimento di risultati vietati dalla legge o non consentiti dallo statuto della società» (in senso conforme, Cass., Sez. I, 3 marzo 2009) . Nel caso di specie, la Corte ha evidenziato come l’attività fraudolenta fosse consistita – come esattamente affermato dai giudici di merito – nella falsa rappresentazione della presenza della maggioranza dei soci alle assemblee, in una’occasione facendo figurare come presente, con la falsificazione della relativa firma sul verbale, una socia invece assente; nell’altra attestando la titolarità in capo alla socia, nonché moglie dell’imputato, di un numero di quote sufficiente a costituire la maggioranza, ciò che non corrispondeva alla titolarità reale. Quanto, poi, all’elemento soggettivo, il dolo in capo all’imputato era stato esattamente desunto dalle modalità dalla la condotta dell’imputato, la quale non trovava altra spiegazione se non in quella di poter agire indisturbato, senza, cioè, dover subire il controllo dei soci, che avrebbero potuto esautorarlo, e senza, soprattutto, rendere conto delle perdite subite. Proprio il non dovere sottoporsi al giudizio negativo dei soci comportava, per l’imputato, il vantaggio di continuare ad esercitare una carica altrimenti destinata ad essere revocata, carica che gli consentiva invece di controllare un’attività commerciale in cui egli aveva interesse, anche quale marito di una socia al 33 % del capitale sociale.