La Camera dei Deputati ha recentemente approvato il DDL. “Delega al governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza (relatori: Bazoli e Ermini) che fìssa principi e criteri direttivi e delega al governo la riforma delle procedure concorsuali. Il provvedimento è ora all’esame del Senato.
Riassumiamo le principali novità.
Meccanismi di allerta per impedire alle crisi aziendali di diventare irreversibili, ampio spazio agli strumenti di composizione stragiudiziale per favorire le mediazioni ira debitori e creditori, sostituzione del termine ‘fallimento’ con l’espressione ‘liquidazione giudiziale’. Una riforma ampia della crisi di impresa e dell’insolvenza che riscrive radicalmente la legge fallimentare del 1942.
Non più fallimento ma liquidazione giudiziale. La procedura di liquidazione giudiziale sostituisce l’attuale disciplina del fallimento. Dominus sarà il curatore, con poteri decisamente rafforzati: accederà più facilmente alle banche dati della PA, potrà promuovere le azioni giudiziali spettanti ai soci o ai creditori sociali, sarà affidata a lui (anziché al giudice delegato, cui si può eventualmente proporre opposizione) la fase di riparto detrattivo tra i creditori. Ci sarà però una stretta sulle incompatibilità. La procedura di liquidazione viene potenziata escludendo l’operatività di esecuzioni speciali e di privilegi processuali e limitando la possibilità di azioni di inefficacia e revocatorie. Infine, accertamento del passivo improntato a criteri di snellezza e concentrazione; massima trasparenza ed efficienza quanto alla liquidazione dell’attivo; misure acceleratorie per la rapida chiusura della procedura.
Allerta per prevenire la crisi. Per anticipare l’emersione della crisi d’impresa e facilitare una composizione assistita, viene introdotta una fase preventiva di allerta che può essere attivata direttamente dal debitore o d’ufficio dal tribunale su segnalazione (obbligatoria per fisco e Inps) dei creditori pubblici. In caso di procedura su base volontaria, il debitore sarà assistito da un apposito organismo istituito presso le Camere di commercio e avrà 6 mesi di tempo per raggiungere una soluzione concordata con i creditori. Se la procedura è d’ufficio, il giudice
convocherà immediatamente, in via riservata e confidenziale, il debitore e affiderà a un esperto l’incarico di risolvere la crisi trovando un accordo entro 6 mesi con i creditori. L’esito negativo della fase di allerta è pubblicato nel registro delle imprese. L’imprenditore che attiva tempestivamente l’allerta o si avvale di altri istituti per la risoluzione concordata della crisi godrà di misure premiali (non punibilità dei delitti fallimentari se il danno patrimoniale è di speciale tenuità, attenuanti per gli altri reati e riduzione di interessi e sanzioni per debiti fiscali). Dalla procedura d’allerta sono escluse le società quotate in borsa e le grandi imprese.
Regole processuali semplificate. In caso di sbocco giudiziario, si adotta un unico modello processuale per l’accertamento dello stato di crisi o di insolvenza: dopo una prima fase comune, la procedura potrà, secondo i diversi casi, evolvere verso soluzioni conservative o liquidatorie. Nel trattare le proposte, priorità viene comunque data a quelle che assicurano la continuità aziendale, purché funzionali al miglior soddisfacimento dei creditori, considerando la liquidazione giudiziale come extrema ratio. Si punta poi a ridurre durata e costi delle procedure concorsuali (responsabilizzando gli organi di gestione e contenendo i crediti prededucibili). Quanto al tribunale competente, il giudice sarà individuato in base alle dimensioni e alla tipologia delle procedure concorsuali, assegnando in particolare quelle relative alle grandi imprese al tribunale delle imprese a livello di distretto di corte d’appello.
Incentivi a ristrutturazione debiti. Il limite del 60 per cento dei crediti per l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti dovrà essere eliminato o quantomeno ridotto. L’abbassamento della soglia implica però l’esclusione della moratoria del pagamento dei creditori estranei e l’esclusione delle misure protettive (blocco procedure esecutive). Più in generale, si punta a incentivare tutti gli strumenti di composizione stragiudiziale della crisi, estendendo per esempio le convenzioni di moratoria anche a creditori diversi da banche e intermediari finanziari.
Concordato di natura liquidatoria. Il concordato preventivo viene ridisegnato ammettendo, accanto a quello in continuità, anche il concordato che mira alla liquidazione dell’azienda se in grado di assicurare il pagamento di almeno il 20 per cento dei crediti chirografari. Nel caso di concordato in continuità, il piano potrà prevedere una moratoria per il pagamento dei creditori privilegiati di durata anche superiore all’anno. L’adunanza dei creditori viene eliminata ricorrendo a modalità telematiche e le maggioranze saranno calcolate ‘per teste’ quando titolare di crediti pari alla maggioranza degli ammessi al voto sia un solo creditore. Al concordato preventivo delle società, infine, si applicherà una disciplina specifica.
Insolvenza gruppo di imprese. Viene prefigurata una procedura unitaria per la trattazione della crisi e dell’insolvenza delle società del gruppo e, anche in caso di procedure distinte, vi saranno comunque obblighi di collaborazione e reciproca informazione a carico degli organi procedenti. In pratica, se più imprese del gruppo si trovano in cnsi, sarà possibile presentare una sola domanda per l’omologazione di un accordo unitario di ristrutturazione dei debiti, 1* ammissione al concordato preventivo o la liquidazione giudiziale. Il ricorso unitario non esclude però l’autonomia delle masse attive e passive di ciascuna impresa. In sede di rimborso i finanziamenti all’impresa in crisi che giungono da altre società del gruppo saranno posposti di grado.
Norme salva-famiglie più ampie. Si riordina la disciplina del sovraindebitamento comprendendo nella procedura di composizione anche i soci illimitatamente responsabili e assicurando una gestione coordinata delle procedure riguardanti più familiari. Andranno poi disciplinate soluzioni che consentano la prosecuzione dell’attività svolta dal debitore o la sua eventuale liquidazione, anche ad istanza del debitore La vendita dei beni è però obbligatoria per il debitore-consumatore se la crisi deriva da malafede, frode o colpa grave ed è altresì esclusa l’esdebitazione (la liberazione dei debiti). Il debitore meritevole, solo per una volta e con l’obbligo di pagare se entro 4 anni sopravvengono utilità, può invece accedere all’esdebitazione anche quando non sia in grado di soddisfare i creditori. Nelle insolvenze di minor portata, salvo opposizione dei creditori, varrà l’esdebitazione di diritto (non dichiarata, quindi, dal giudice).