Corte giustizia Comunita’ Europee, Grande Sez. , 26 febbraio 2008, n. 506/06
Secondo la Grande Sezione della Corte, la direttiva del Consiglio n. 92/85/CEE, del 19 ottobre 1992, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (decima direttiva particolare ai sensi dell’art. 16, par. 1 della direttiva n. 89/391/CEE), e, in particolare, il divieto di licenziamento delle lavoratrici gestanti di cui all’art. 10, punto 1, di tale direttiva, devono essere interpretati nel senso che non riguardano una lavoratrice che si sottopone a fecondazione in vitro qualora, al momento della comunicazione del licenziamento, la fecondazione dei suoi ovuli con gli spermatozoi del partner abbia già avuto luogo, e si sia quindi già in presenza di ovuli fecondati in vitro, ma questi non siano stati ancora trasferiti nell’utero della lavoratrice.
Gli artt. 2, n. 1, e 5, n. 1, della direttiva del Consiglio n. 76/207/CEE, del 9 febbraio 1976, relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro, ostano al licenziamento di una lavoratrice che si trovi in una fase avanzata di un trattamento di fecondazione in vitro, vale a dire tra il prelievo follicolare e il trasferimento immediato degli ovuli fecondati in vitro nel suo utero, purché sia dimostrato che il licenziamento si fondi essenzialmente sul fatto che l’interessata si sia sottoposta a tale trattamento.
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