Categoria: Commercio elettronico e internet

E-commerce, vendita, rete eBay, sospensione dell’account, inadempienza contrattuale

Tribunale di Catanzaro, ordinanza 18 – 30 aprile 2012

Vigendo nel nostro ordinamento il principio di libertà delle forme, la tecnica “del tasto virtuale” o “point and click”, utilizzata normalmente nella contrattazione telematica, è sufficiente a manifestare il consenso contrattuale e ritenere perfezionato il contratto.

Riguardo alle clausole vessatorie on line, non è sufficiente la sottoscrizione del testo contrattuale, ma è necessaria la specifica sottoscrizione delle singole clausole, che deve essere assolta con la firma digitale. Dunque, nei contratti telematici a forma libera il contratto si perfeziona mediante il tasto negoziale virtuale, ma le clausole vessatorie saranno efficaci e vincolanti solo se specificamente approvate con la firma digitale.

Sulla questione, infine, della conoscibilità delle condizioni generali nei contratti telematici, si ritiene che tale condizione sia soddisfatta anche quando le condizioni generali non sono riportate nel testo contrattuale, ma sono contenute in altre schermate del sito o in pagine di secondo livello, purché venga dato risalto al richiamo e la postazione contenente la clausola richiamata sia accessibile mediante il relativo collegamento elettronico (link). ( Secondo opinioni più intransigenti la sussistenza della conoscibilità, il sito deve essere organizzato in modo tale che non sia possibile approvare il testo contrattuale se non dopo essere passati dalla pagina contenente le clausole contrattuali ed avere confermato l’avvenuta lettura).

La conoscibilità, poi, per comune opinione, richiede la intelligibilità della clausola, avuto riguardo alla sua formulazione, alla linguistica e alla presentazione grafica. (Massima non ufficiale)

 

Tribunale di Catanzaro

Sezione I Civile

Ordinanza 18 – 30 aprile 2012

Fatto e diritto

Clotec Elettronica e Tecnologia di D.C., svolgente attività di commercializzazione tramite internet di prodotti di elettronica, informatica, modellismo, subacquea ed altro, con ricorso depositato il 25.05.2011, esponeva che il gestore della piattaforma virtuale di eBay, aveva illegittimamente sospeso l’account professionale “clotec_com” utilizzato per la pubblicità e la vendita dei suoi prodotti agli utenti della rete eBay.

In particolare, evidenziava che il gestore eBay aveva attuato una serie di ingiustificate restrizioni sino a giungere, nel gennaio del 2011, alla sospensione a tempo indeterminato dell’account clotec_com; che tale grave limitazione, equivalente negli effetti ad una risoluzione del contratto, avveniva senza previo avviso e in assenza di un inadempimento grave della ricorrente, la quale, anzi, nel corso delle sue transazioni sulla piattaforma eBay, aveva conseguito un elevato grado di soddisfazione degli acquirenti, rivelandosi quindi un venditore serio ed affidabile.

Chiedeva, pertanto, che il giudice designato, con provvedimento di urgenza, ai sensi dell’art. 700 c.p.c. ordinasse a eBay Europe s.a.r.l., eBay international AG, eBay Italia s.r.l. di riattivare l’account “clotec_com”, con vittoria di spese del giudizio.

Alle richieste della ricorrente le resistenti replicavano che unica legittimata passiva nel giudizio era eBay Europe s.a.r.l., essendo le altre due estranee al rapporto contrattuale; che la sospensione dell”account clotec_com era avvenuta legittimamente in ragione delle gravi e reiterate violazioni di Clotec ad una pluralità di regole previste nel regolamento contrattuale, relative, precisamente, al gradimento degli utenti, alla performance del venditore, alla offerta di oggetti vietati, ai metodi di pagamento, all’utilizzo di link non consentiti e al divieto di inserzioni di siti web personali o aziendali; che i pregiudizi lamentati configuravano mero danno economico non tutelabile con il ricorso d’urgenza.

Il giudice con ordinanza depositata il 23.08.2011 rigettava il ricorso osservando che, seppure la clausola intitolata “Abuso di eBay” contenuta nell’Accordo per gli utenti (documento disciplinante le condizioni generali di contratto), invocata da eBay come titolo giustificativo del potere di risolvere il contratto, dovesse ritenersi nulla ex art. 1341 ce, per assenza di specifica sottoscrizione da parte di Clotec, configurandosi come clausola vessatoria attributiva al provider del potere di recedere ad nutum dal contratto, tuttavia la sospensione dell’account clotec_com aveva costituito legittimo rifiuto del provider di eseguire la propria prestazione, ai sensi dell’art. 1460 ce, a fronte di un grave inadempimento della controparte alle regole sull'”inadempimento del venditore”, presenti sul portale www.ebay.it e vincolanti tra le parti in quanto conoscibili con l’ordinaria diligenza.

Avverso la predetta ordinanza proponeva reclamo Clotec , reiterando le argomentazioni svolte nei precedenti atti difensivi e deducendo in particolare che il Giudice aveva omesso ogni valutazione sulla gravità dell’inadempimento, basandosi solo sulle non dimostrate affermazioni di controparte e che, non avendo controparte mai proposto l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 cc, il Giudice, nel rilevarla d’ufficio, era andato ultrapetita.

EBay Europe s.a.r.l., eBay international AG, eBay Italia s.r.l., ribadendo le argomentazioni e difese illustrate nella prima fase, insistevano per il rigetto del reclamo e la conferma dell’ordinanza impugnata.

Il Tribunale, esaminati gli atti, rileva quanto segue.

In punto di legittimazione passiva devono condividersi le valutazioni del Giudice di prima istanza che ha ritenuto che legittimata passivamente fosse unicamente eBay Europe s.a.r.l.

Nell’accordo per gli utenti è indicato chiaramente che “parte contrattuale di coloro che risiedono all’interno dell’Unione Europea è eBay Europe S.a.r.l”. Inoltre, le fatture relative al rapporto con l’impresa ricorrente sono state emesse dalla suddetta società. Ciò è sufficiente per ritenere l’estraneità di eBay Italia s.r.l. e eBay International AG al rapporto negoziale relativo all’utilizzo dei servizi di hosting, che sono dunque carenti di legittimazione passiva in relazione alle istanze formulate dalla ricorrente.

La valutazione del fumus boni iuris, comporta, innanzitutto, l’individuazione della disciplina applicabile al caso di specie.

Come già osservato dal primo Giudice, non può venire in rilievo la tutela apprestata dal codice di consumo (d. lgs. 205/2005), non rivestendo la ricorrente la qualifica di consumatore.

Consumatore, difatti, è colui che utilizza il contratto per il raggiungimento di scopi legati a bisogni o interessi personali, sganciati dall’esercizio di una professione e di un’attività imprenditoriale. Professionista, invece, è colui che acquista o utilizza beni o servizi per scopi riferibili all’attività imprenditoriale e professionale svolta.

L’opinione prevalente ritiene che la verifica circa la finalità del contratto prescinda dall’aspetto soggettivo delle intenzioni del contraente, ma debba effettuarsi su un piano oggettivo, mettendo a confronto cioè le caratteristiche del bene o del servizio con la qualità dell’acquirente e con la natura dell’attività esercitata. E’ necessario, quindi, che il contratto stipulato sia inquadrabile tra le manifestazioni tipiche dell’attività esercitata e non utilizzato solo occasionalmente per lo svolgimento dell’attività. Fatta tale premessa, è indubbio che per colui che svolge professionalmente attività di commercio on line, il contratto avente ad oggetto l’utilizzazione di servizi di hosting appare strettamente connesso, in quanto strumentale e propedeutico, all’attività esercitata; configurandosi quindi, come manifestazione tipica della professione.

Il rapporto negoziale per cui è causa resta fuori anche dall’ambito di applicazione della legge 192/98. Tale normativa, disciplinante la subfornitura nelle attività produttive, presuppone l’inserimento del subfornitore, nel processo produttivo di un’impresa committente, la quale gli conferisce talune fasi di lavorazione o l’incarico di predisporre parti del prodotto finale. La subfornitura non è altro che una lavorazione su commessa, manifestazione del fenomeno del decentramento produttivo, caratterizzata da dipendenza economica e tecnologica dell’impresa subfornitrice. In ragione di ciò, non può in alcun modo ricondursi la relazione commerciale intercorsa tra le parti – concernente l’acquisto da parte di Clotec di un servizio di hostin per la vendita dei propri prodotti, all’istituto della subfornitura, proprio per la diversità dei settori economici su cui operano le parti.

Delimitato dunque il campo di indagine, si può affermare che trattasi di contratto concluso tra due professionisti, secondo lo schema del contratto per adesione, la cui disciplina trova il suo riferimento nell’art. 1341 del codice civile.

E’ necessario, a questo punto, fare una premessa di ordine generale.

Il contratto di adesione a condizione generali, destinato a soddisfare le esigenze della contrattazione di massa, è caratterizzato, come è noto, da asimmetria di potere contrattuale tra le parti, poiché il regolamento è delineato da condizioni generali uniformi unilateralmente predisposte da uno dei contraenti, in assenza, quindi, di trattativa.

Il requisito della conoscenza, previsto dall’art. 1326 cc, in tale categoria contrattuale degrada a mera conoscibilità delle condizioni generali di contratto. Per le clausole vessatorie, elencate al secondo comma, è prescritto l’elemento formale della doppia sottoscrizione per iscritto.

Nell’ipotesi, come quella in esame, in cui il contratto per adesione venga concluso mediante un sistema telematico si pone una triplice serie di questioni relative al perfezionamento del contratto, alla conoscibilità delle condizioni generali di contratto e al requisito formale della approvazione specifica delle clausole vessatorie.

In ordine alla prima questione, è pacifico oramai che, vigendo nel nostro ordinamento il principio di libertà delle forme, la tecnica “del tasto virtuale” o “point and click”, utilizzata normalmente nella contrattazione telematica, è sufficiente a manifestare il consenso contrattuale e ritenere perfezionato il contratto, laddove si tratti di contratto a forma libera.

Con riguardo alle clausole vessatorie on line, l’opinione dottrinale prevalente – alla quale il Tribunale aderisce – ritiene che non sia sufficiente la sottoscrizione del testo contrattuale-, ma sia necessaria la specifica sottoscrizione delle singole clausole, che deve essere assolta con la firma digitale. Dunque, nei contratti telematici a forma libera il contratto si perfeziona mediante il tasto negoziale virtuale, ma le clausole vessatorie saranno efficaci e vincolanti solo se specificamente approvate con la firma digitale.

Sulla questione, infine, della conoscibilità delle condizioni generali nei contratti telematici, si ritiene che tale condizione sia soddisfatta anche quando le condizioni generali non sono riportate nel testo contrattuale, ma sono contenute in altre schermate del sito o in pagine di secondo livello, purché venga dato risalto al richiamo e la postazione contenente la clausola richiamata sia accessibile mediante il relativo collegamento elettronico (link). Posizioni più intransigenti affermano che per la sussistenza della conoscibilità, il sito deve essere organizzato in modo tale che non sia possibile approvare il testo contrattuale se non dopo essere passati dalla pagina contenente le clausole contrattuali ed avere confermato l’avvenuta lettura. La conoscibilità, poi, per comune opinione, richiede la intelligibilità della clausola, avuto riguardo alla sua formulazione, alla linguistica e alla presentazione grafica.

Passando ora all’esame della fattispecie concreta, vi è un contratto tra le parti che si è perfezionato in forma telematica mediante la pressione del tasto virtuale ed il cui testo negoziale, contenente le condizioni generali, è rappresentato dall'”Accordo per gli utenti”.

Tra le clausole di detto regolamento contrattuale, viene in rilievo quella denominata “abuso di ebay”, in base alla quale: “se ebay ritiene che un utente abbia compiuto azioni che possano comportare problemi, responsabilità legali o che tali azioni siano contrarie alle proprie regole, potrà, a mero titolo esemplificativo, limitare sospendere o interrompere i servizi e l’account dell’utente, vietare l’accesso al sito, ritardare o eliminare i contenuti salvati e prendere provvedimenti tecnici e legali per impedire a tale utente di accedere al sito”.

Secondo la prospettazione di eBay, il diritto di risoluzione del contratto è stato legittimamente esercitato sulla base di tale pattuizione, che può essere inquadrata o nell’art. 1453 c.c. (risolubilità del contratto per inadempimento) o nell’art. 1456 c.c. (clausola risolutiva espressa). Aggiunge, inoltre, che non attribuendo un diritto di recesso, la stessa non abbisogna di specifica approvazione per iscritto ai sensi dell’art. 1341 c.c.

Va osservato, in primis, che il richiamo all’art. 1453 c.c. non è pertinente, riguardando la norma la risoluzione giudiziale per inadempimento, conseguente, cioè, ad una pronuncia costitutiva del Giudice previo accertamento della gravità dell’inadempimento.

Circa, invece, la possibilità di inquadrare la clausola nell’art. 1456 c.c., deve condividersi la valutazione dei primo Giudice che ha escluso la correttezza di una siffatta qualificazione.

Ed invero, affinché la pattuizione possa considerarsi clausola risolutiva espressa, occorre che vi sia una indicazione specifica delle obbligazioni che devono essere adempiute a pena di risoluzione. Se l’indicazione è invece generica o il riferimento è al complesso delle pattuizioni, la clausola non avrà alcun valore, in quanto di mero stile (Cass. 4563/00; Cass. 1950/09). Tale requisito di specificità manca nella clausola “abuso di Ebay”, formulata mediante un riferimento a non meglio identificate “azioni contrarie alle proprie regole”, sicché ne consegue l’impossibilità di qualificarla come clausola risolutiva espressa, a cagione appunto della sua indeterminatezza.

Volendola, invece, interpretare come clausola attributiva di un potere di recesso, deve senz’altro ritenersi inefficace, mancando la specifica sottoscrizione, ai sensi del secondo comma del 1341 c.c. Si è già detto, infatti, che non è sufficiente l’approvazione del testo contrattuale (mediante la pressione del testo virtuale in calce al modulo di registrazione), per riconoscere efficacia alle clausole vessatorie, occorrendo una autonoma visualizzazione delle stesse con una specifica approvazione, o quanto meno una sottoscrizione per gruppo di clausole vessatorie, numericamente indicate. Mancando il requisito della specifica sottoscrizione, appare superfluo addentrarsi nella problematica della equiparabilità del sistema del point and click alla firma digitale debole e della sufficienza della firma digitale debole a soddisfare il requisito della forma scritta.

Pertanto, la clausola, essendo irrimediabilmente affetta da nullità, nessun potere di sospensione del l’account poteva legittimare.

Tuttavia il Giudice ha ritenuto legittimo il comportamento di eBay, poiché inquadrabile nello schema del 1460 c.c. che attribuisce al contraente la facoltà di rifiutare la prestazione a fronte dell’inadempimento della controparte.

Ha osservato che le uniche inadempienze, tra le tante contestate, che potevano legittimare il rifiuto di eseguire la prestazione erano quelle relative all’insufficiente valutazione degli acquirenti, poiché gli ulteriori addebiti non erano stati contestati con la comunicazione del provvedimento di sospensione, ma solo in epoca postuma, e pertanto l’eccezione di inadempimento, con riferimento a tali ultimi addebiti, appariva contraria a buona fede. Ha evidenziato inoltre che le regole sugli standards del venditore per mantenere elevata la soddisfazione degli utenti, indicate nella pagina “inadempimento del venditore” erano vincolanti per le parti perché conoscibili con la diligenza media e che, per il numero di controversie aperte, l’inadempimento di Clotec a tali regole non poteva non ritenersi grave.

Il primo aspetto che occorre approfondire attiene alla conoscibilità delle regole sull’”inadempimento del venditore che individuano i parametri per la valutazione degli standards dì un venditore. Ad avviso del Collegio, il requisito della conoscibilità non è soddisfatto nella ipotesi in esame, per le seguenti ragioni.

Le regole sull’inadempimento del venditore non sono contenute nell’Accordo per gli utenti, costituente – per stessa ammissione di parte resistente- il regolamento contrattuale, accettato dall’utente al momento della registrazione al sito. Si è già illustrato sopra, come la conoscibilità delle clausole contenute in schermate diverse dal testo contrattuale richieda, secondo l’opinione dottrinaria prevalente, che il richiamo alle stesse sia possibile dallo stesso testo contrattuale mediante il collegamento con un link e che, inoltre, si dia risalto a tale richiamo. Dalla documentazione prodotta dalle parti, rappresentativa delle schermate del sito ebay, non sembrano ricorrere tali requisiti. Dall’Accordo per gli utenti non vi è un collegamento diretto alle regole inadempimento del venditore (come avviene ad esempio per gli oggetti di cui è vietata la vendita, per le regole sulla privacy, per le azioni volte a destabilizzare il sistema di feedback ecc.) ed alle stesse l’accordo non conferisce risalto in alcun modo. Poi, non è univoco e intuitivo il percorso ipertestuale che dall’accordo per gli utenti porta a tali regole. Del resto è la stessa eBay ad affermare che alla lettura delle regole sull’inadempimento del venditore si giunge attraverso il percorso che parte dalla sezione “aiuto” o da “mappa del sito” o dal motore di ricerca previo inserimento delle parole chiave. Ritiene il Giudicante che la “conoscibilità” richieda, invece, che alla lettura della regola si possa pervenire dal testo negoziale accettato dalle parti (rectius Accordo per gli utenti) attraverso passaggi univoci e diretti e non già attraverso una ricerca mirata della regola attraverso il motore di ricerca o la mappa del sito (che funge da cartina geografica) o avvalendosi della sezione “aiuto”.

Va rilevato, poi, che anche la tecnica di redazione delle regole relative agli standards e all’inadempimento del venditore pecca di chiarezza, poiché molte di esse non hanno una formulazione letterale di evidente contenuto precettivo, ma si presentano sotto forma di esortazione e di consigli, e non già di divieto. Manca, poi, una chiara correlazione tra violazione della regola e relativa sanzione, essendoci solo generici riferimenti alla “possibilità di subire restrizioni nel caso in cui i consigli di eBay non vengano attentamente seguiti”. Tali circostanze possono generare confusione anche in una persona di media diligenza e non rendono edotto il contraente, in maniera puntuale e precisa, dell’ampiezza dei propri obblighi e della portata delle conseguenze di una loro violazione.

Altro aspetto che occorre esaminare attiene alla rilevabilità d’ufficio della eccezione di inadempimento. Ritiene il Collegio che l’exceptio inadimpleti contractus è rimessa alla disponibilità e all’iniziativa della parte, trattandosi di eccezione in senso proprio. Il Giudice che rilevi d’ufficio tale eccezione, incorre nella violazione di cui all’art. 112 c.p.c.

In tal senso è l’orientamento giurisprudenziale maggioritario: “l’exceptio inadimpleti contractus, di cui all’art. 1460 cod. civ., costituisce un’eccezione in senso proprio, rimessa pertanto alla disponibilità ed all’iniziativa del convenuto, senza che il giudice abbia il dovere di esaminarla d’ufficio. Tuttavia, essa, al pari di ogni altra eccezione, non richiede l’adozione di forme speciali o formule sacramentali, essendo sufficiente che la volontà della parte di sollevarla (onde paralizzare l’avversa domanda di adempimento) sia desumibile, in modo non equivoco, dall’insieme delle sue difese e, più in generale, dalla sua condotta processuale, secondo un’interpretazione del giudice del merito che, se ancorata a corretti canoni di ermeneutica processuale, non è censurabile in sede di legittimità”. (Cass. 11728/02; Cass. 20870/09; Cass. 2706/04).

Dalle difese delle resistenti tale eccezione non è mai stata dedotta, né essa è desumibile implicitamente dal tenore delle difese stesse.

Le resistenti, infatti, richiamando gli artt. 1453 c.c. e 1456 c.c., hanno invocato un diritto alla risoluzione discendente dalla legge o dal contratto, mentre l’eccezione di inadempimento è un mezzo di autotutela privata, consentito dalla legge in presenza di determinati presupposti, che legittima il contraente a non adempiere la propria prestazione senza incorrere in responsabilità al riguardo, per evitare una situazione di disuguaglianza tra le parti del rapporto contrattuale. Alla luce, quindi, di tutte le considerazioni sopra esposte, il fumus boni iuris appare sussistente.

Ed infine, quanto al periculum in mora, come è noto, la tutela d’urgenza si è ormai aperta anche a pregiudizi di carattere patrimoniale, tutte le volte in cui ad essi siano indissolubilmente correlate situazioni giuridiche soggettive non patrimoniali, che potrebbero essere pregiudicate irrimediabilmente dal ritardo nella concessione della tutela.

Parte resistente ha affermato che il danno derivante dalla perdita di clienti, per effetto della sospensione dell’account, è un mero danno economico e, come tale, non tutelabile con lo strumento del 700 c.p.c.

Tale affermazione non è condivisibile. Occorre, infatti, considerare che il settore dell’ e-commerce è attualmente caratterizzato da una forte concentrazione nelle mani di pochi operatori e che la piattaforma di eBay è quella che vanta la platea più ampia di utenti. Di fronte a tale dato, è di scarsa rilevanza la circostanza della presenza di propri siti internet da parte di Clotec, non equiparabili, infatti, per diffusione ed importanza alla piattaforma eBay.

Questo sistema oligopolista che attualmente caratterizza il mercato elettronico deve indurre a ritenere che l’esclusione a tempo indeterminato da eBay non si traduca semplicemente in una mera perdita di clienti, ma abbia una incidenza molto più pesante che può arrivare sostanzialmente, ad escludere l’impresa dal mercato stesso. Bisogna poi considerare il danno alla reputazione che subisce l’impresa a seguito della sospensione dell’account. E’ facile immaginare, infatti, che la scomparsa di Clotec dalla vetrina di eBay possa determinare negli utenti del sito il convincimento che la stessa non sia un venditore serio ed affidabile.

Sussiste, pertanto, anche il periculum in mora, poiché, per le ragioni sopra esposte, l’esclusione a tempo indeterminato dalla piattaforma di eBay potrebbe verosimilmente determinare una situazione di insolvenza dell’impresa Clotec, che opera unicamente nel commercio on line.

Il reclamo va dunque accolto e va ordinato a eBay Europe s.a.r.l. di riattivare l’account clotec com.

La complessità e la novità delle questioni giustificano la compensazione delle spese.

P.Q.M.

Decidendo sul reclamo proposto da Clotec Elettronica e Tecnologia di D.C. nei confronti di eBay Europe S.A.R.L., eBay International AG, eBay Italia s.r.l., avverso l’ordinanza del 23.08.2011 del Giudice designato di questo Tribunale, in riforma del provvedimento reclamato ordina a eBay Europe S.A.R.L. di riattivare l’account clotec_com, intestato a C.G.
Compensa interamente le spese del procedimento.

(Presidente Anna Maria Raschellà)

 

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E-commerce, vendita di telefono cellulare per via telematica, inadempienza

Tribunale, Trento, sez. penale, sentenza 05/05/2012

Con questa  pronuncia che affronta un problema sentito e ancora poco esplorato,  il Tribunale di Trento  si allinea alle prime  pronunce giurisprudenziali  in materia,  pervenendo alla conclusione che la messa in vendita di un bene per via telematica attraverso un sito di e – commerce noto e serio, nella fattispecie (…), costituisca sicuramente un mezzo per indurre in errore i potenziali acquirenti sulleeffettive intenzioni truffaldine di chi offre in vendita beni senza alcuna intenzione diconsegnarli, risultando così configurato non un semplice inadempimento civile,ma il reato di truffa di cui all’art. 640 cod. pen..

Gli artifizi e raggiri, secondo il Giudice, vanno ricavati dalla complessiva condotta del venditore, tenuto conto della particolare modalità di questo tipo di compravendite che avvengono tramite internet, senza che le parti possano avere contatti diretti e senza che alle stesse siano conoscibili le rispettive esatte generalità e che sono caratterizzate dal fatto che il compratore deve pagare anticipatamente il bene che si è aggiudicato all’asta e sperare poi che il venditore glielo faccia pervenire.

Tale meccanismo di vendita pone l’acquirente in una particolare situazione di debolezza e di rischio e di questo approfittano truffatori, seriali o meno, che realizzano cospicui guadagni vendendo beni che in realtà non hanno alcuna intenzione di alienare e dei quali non hanno il più delle volte neppure l’effettiva disponibilità.

 

 REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI TRENTO

SEZIONE PENALE

Il Tribunale, in composizione monocratica, presieduto dal Giudice dr. Marco La

Ganga alla pubblica udienza del 27.04.12 ha pronunciato e pubblicato mediante

lettura del dispositivo la seguente

SENTENZA

nel procedimento penale

Contro

S.F., nato (…), ivi residente in via (…)

difeso d’ufficio dall’Avv.to L.P. del Foro di Trento, con studio in Trento via (…)

Libero contumace

Imputato

del delitto di cui agli artt. 640 co. 1 c.p., 99 c.p. perché, con artifici e raggiri,

consistiti nell’indurre in errore, con i messaggi inviati e con i contatti telefonici, sulla

serietà della proposta di vendita e sull’effettiva disponibilità dell’oggetto, l’acquirente

M.S., che rispondeva all’annunci comparso sul sito web (…) concernente l’offerta di

un telefono cellulare) (…), si faceva versare dal M., per vendergli il bene comprese le

spese di spedizione, il prezzo di Euro 390,00,

mediante ricarica su carta P. n. (…)

intestata allo stesso S. (attivata con i propri documenti di identità), ricarica che M.

effettuava da Ufficio Postale di Trento in data (…), senza poi ricevere il cellulare, né

più riuscendo a mettersi in contatto telefonico con il S. ad utenza pure intestata allo

stesso, con ciò S. procurandosi l’ingiusto profitto di Euro 390,00 con pari danno per

M.S. Commesso in Trento il (…). Querela sporta da M.S. in data (…)

  1. recidivo infraquinquennale nel quale parte offesa è:

M.S., nato (…), residente a Trento loc. San (…)

Difesa: avv. L.P. soS. da C.P. d’ufficio: assoluzione con formula più ampia, in

subordine minimo pena, in subordine conversione pena detentiva in pena pecuniaria.

FATTO E DIRITTO

A seguito di querela sporta il (…) da M.S. e di citazione diretta da parte del PM, S.F.

veniva tratto a giudizio davanti a questo Tribunale imputato come da epigrafe.

Assunte le prove ammesse, in esito al giudizio, ritiene questo giudice provata la

responsabilità dell’imputato in ordine al reato a lui ascritto. Emerge dalla querela,

dalle indagini e dalla istruttoria dibattimentale che M.S., nel mese di (…), sul sitoweb

denominato (…) si aggiudicava un’asta relativa alla vendita di un telefono cellulare

(…), dall’utente avente nickname “(…)”, (mentre quello del querelante era “(…)”),

posto in vendita ad Euro 390,00 comprensivo di spese di spedizione. I contatti con il

venditore avvenivano tramite lo stesso sito web (…) e nonché tramite le utenze (…)

fornite tramite posta elettronica dal venditore. Quest’ultimo comunicava

telefonicamente all’acquirente che il pagamento doveva avvenire tramite ricarica della

carta P. n. (…) intestata a S.F. In data (…) presso l’agenzia P.T. Trento 2 il M.

effettuava la ricarica di Euro 390,00 a favore della carta intestata a S.F.

Successivamente tramite telefono lo stesso M. informava del pagamento il venditore,

il quale confermava la ricezione della somma ricaricata, con promessa di invio del

cellulare acquistato. Nonostante ciò, M. non riceveva il telefono e, nonostante

numerosi tentativi di contattare il venditore, quest’ultimo si rendeva irreperibile.

All’odierna udienza, escusso come teste, M.S. confermava il contenuto della querela,

fornendo peraltro maggiori dettagli.

In particolare, il teste ha ricordato come egli diffidasse delvenditore per varie

incongruenze dei suoi comportamenti, tra i quali il rifiuto ad esser pagato tramite

carta di credito e una ostinata resistenza a fornire il proprio numero di cellulare per

avviare contatti telefonici. Solo le abbondanti rassicurazioni fornite dal venditore

convincevano alla fine il M. a procedere al pagamento, tramite ricarica postepay,

come preteso dal venditore. Questi poi sosteneva che il telefono era un regalo fattogli

dalla propria compagna, con la quale si era lasciato e pertanto si era deciso a vendere

il telefono e anche ulteriori beni quali televisore e computer.

I documenti in atti, estrapolati dal sito (…) e consistenti nei messaggi scambiati tra le

parti, confermano quanto dichiarato dal M.

Ecco infatti che la p.o. il (…) h. 12,24 invia il seguente messaggio al venditore:

“Gentile (…), hai ancora il scontrino del cellulare??? io lo prenderei solo che vorrei prima di tutto convincermi che questa nn e una truffa perché ho già perso dei soldi quindi spero chi mi capisci”

Risposta del venditore:

“Gentile (…), Si che ce l’ho ancora lo scontrino, stai tranquillo, guardati ho mandato l’offerta perché l’altro (…) mi a detto che suo figlio a sbagliato nel rilanciare”.

Ancora M.S.il (…) h. 12,51

Gentile (…) lasciami il tuo num. di cellulare se voi così ci mettiamo d’accordo … solo se vuoi… io devo andare … ciao ci se sente.

Il venditore di rimando alle ore 12,55 successive invia il proprio numero: “Gentile (…),

Ancora la p.o. il giorno dopo, (…) h. 11,16 scrive al venditore:

“Gentile (…) ciao senti io ci ò ripensato nn lo voglio più perche questa e una truffa mi hai chiamato

3 volte con 3 numeri diversi e poi con privato, io ero alla posta e volevo chiarire una

cosa ti ho chiamato 10 volte e nn hai risposto, quindi nascondi qualcosa già… mi disp.

già dal inizio sembra un casino … nn e chiaro nulla qua… io così ho perso 500

Euro …nn vorrei rifarlo … grazie cmq” La successiva risposta del venditore era

questa:

“Gentile (…) “Non nascondo niente ero a letto, se non lo vuoi basta dirlo”

Oltre questi messaggi vi sono stati scambi di conversazioni telefoniche tra le parti,

come attestato dai tabulati e come riferito da M.S.

Gli scambi di messaggi sopra riportati confermano quanto detto dalla p.o. ovvero che

  1. aveva iniziato da subito a diffidare del venditore, tanto che l’ultimo messaggio

registrato dimostra la volontàdel medesimo di abbandonare la trattativa.

Evidentemente sono state le successive persuasioni telefoniche del venditore a far

cambiare idea all’acquirente, come del resto riferito dal M.

Che il venditore si identifichi in S.F. non è dato dubitabile, avendo l’ufficiale di P.G.

che condusse le indagini, deponendo come teste, confermato quanto già emerge dagli

atti: il conto (…) su cui è confluito il pagamento risulta aperto dall’imputato pochi

mesi prima del fatto, con esibizione della propria carta di identità che veniva

trattenuta in copia dall’ufficio postale e di cui vi è ulteriore copia in atti. La P.G. si

faceva altresì trasmettere copia del cartellino foto – segnaletico compilato dall’ufficio

anagrafe di Livorno al momento del rilascio all’imputato della carta di identità e la

foto ivi presente corrisponde a quella del documento di identità esibito dalla persona

che ha attivato il conto (…). Tale documento, come attestato dall’ufficiale di P.G., non

risulta denunciato né come smarrito né come rubato. Inoltre l’utenza telefonica

utilizzata dal medesimo risulta anch’essa intestata a S.F. e pure di essa non v’è

denuncia di furto o smarrimento. Sintomatico appare del resto che costui nonabbia,

pur notiziato del procedimento, avanzato alcuna difesa né sul fatto né sulla propria

identificazione nel suo autore. L’ufficiale di P.G ha poi riferito che a carico del S. vi

sono procedimenti pendenti per fatti specifici.

È condivisibile orientamento giurisprudenziale che la messa in vendita di un bene per

via telematica attraverso un sito di e – commerce noto e serio, nella fattispecie (…),

costituisca sicuramente un mezzo per indurre in errore i potenziali acquirenti sulle

effettive intenzioni truffaldine di chi offre in vendita beni senza alcuna intenzione di

consegnarli, risultando così configurato non un semplice inadempimento civile,ma il

reato di truffa di cui all’art. 640 cod. pen..

Gli artifizi e raggiri vanno ricavati dalla complessiva condotta del venditore, tenuto

conto della particolare modalità di questo tipo di compravendite che avvengono

tramite internet, senza che le parti possano avere contatti diretti e senza che alle stesse

siano conoscibili le rispettive esatte generalità e che sono caratterizzate dal fatto che

il compratore deve pagare anticipatamente il bene che si è aggiudicato all’asta e

sperare poi che il venditore glielo faccia pervenire.

Tale meccanismo di vendita pone l’acquirente in unaparticolare situazione di

debolezza e di rischio e di questo approfittano truffatori, seriali o meno, che

realizzano cospicui guadagni vendendo beni che in realtà non hanno alcuna

intenzione di alienare e dei quali non hanno il più delle volte neppure l’effettiva

disponibilità.

Gli elementi da cui ricavare la sussistenza della frode – proprio per l’assenza di

contatti diretti e l’assenza di testimoni – si riducono a quelli ricavabili dai messaggi di

posta elettronica e dalle telefonate eventualmente intercorse tra le parti. Nel caso di

specie da tali emergenze e dalla condotta complessiva del S. è possibile riscontrare la

simulazione di circostanze e di condizioni non vere, artificiosamente create per

indurre in errore l’acquirente.

Depongono in tal senso le circostanze addotte dall’imputato (essendo l’acquirente,

come visto, inizialmente titubante) per convincere la vittima. Così il S. ha introdotto

una serie di avvenimenti atti a spiegare perché egli era intenzionato a disfarsi del

telefono (…), ovvero che si trattava di un regalo fattogli dalla fidanzata con la quale

aveva interrotto la relazione. Poi il S. chiamava la vittima con utenza telefonica che

compariva come “privato” e solo dietro laminaccia del M. di interrompere la

trattativa i decideva a fornire il proprio numero di telefono. Chiesto dal M. se era in

possesso dello scontrino del cellulare posto in vendita, S. lo rassicurava

affermandosene in possesso e aggiungendo alta motivazione destinata a convincere il

querelante, ovvero che altro acquirente interessato a quel telefono aveva “sbagliato

nel rilanciare l’offerta”. Emblematica appare l’ultima email inviata dal M. in cui

questi si dice risoluto a non concludere l’acquisto “perche questa e una truffa mi hai

chiamato 3 volte con 3 numeri diversi e poi con privato, io ero alla posta e volevo

chiarire una cosa ti ho chiamato 10 volte e nn hai risposto, quindi nascondi qualcosa

già… mi disp. già dal inizio sembra un casino … nn e chiaro nulla qua…”.

Dal contenuto del messaggio emergono varie condotte ambigue tenute dal S., delle

quali non vi è traccia scritta diretta perché attuate telefonicamente, ma di cui il

messaggio stesso fornisce credibile attestazione.

Pure prive di traccia ma logicamente deducibili, sono i successivi sforzi svolti dal S. –

evidentemente per telefono – finalizzati a far cambiare idea al M. e ad indurlo al

pagamento del telefono.

Ancor piùsintomatico dell’intento fraudolento che ha caratterizzato fin dall’inizio la

condotta dell’imputato appare la condotta tenuta dallo stesso dopo aver ricevuto e

incassato il pagamento dei 390,00 Euro. Infatti S. si è da allora eclissato nei confronti

della p.o., non rispondendo più alle telefonate e ai messaggi di posta elettronica,

nonostante i numerosi tentativi fatti in tal senso dal M. Da ultimo, va evidenziato

come dagli atti (ff. 15 e 16) emerga che l’imputato aveva posto contemporaneamente

in vendita altro telefono della stessa marca e tipologia, con l’unica differenza che

quello oggetto della trattativa con il M. era un (…) 4 e l’altro un (…).

Non è dato sapere come si sia conclusa la vendita di tale secondo telefono (anche se è

facile immaginarlo), tuttavia essa appare in logico contrasto con la pantomima

congegnata dal S. relativa al possesso dell’altro analogo telefono asseritamente

regalatogli dalla fidanzata.

Per le considerazioni svolte, l’imputato va ritenuto colpevole del reato ascrittogli.

Non si ravvisano elemento che possano consentire il riconoscimento di circostanze

attenuanti.

Valutati i parametri offerti dall’art. 133 c.p. e in particolare l’intensità del doloe

l’entità del danno, appare equa la pena di anni uno di reclusione ed Euro 600,00 di

multa.

Il grave precedente a carico dell’imputato osta alla concessione del beneficio della

sospensione condizionale della pena.

P.Q.M.

Visti gli artt. 533 – 535 c.p.p.,

Dichiara S.F. colpevole del reato ascritto e lo condanna alla pena di anni uno di

reclusione ed Euro 600,00 di multa oltre al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Trento il 27 aprile 2012.

Depositata in Cancelleria il 5 maggio 2012.