Decreto Competitività
Con l’entrata in vigore del Decreto Competitività ( Legge 116/2014 di conversione, con modificazioni, del D.L. 91/2014), il legislatore ha inteso semplificare la normativa che incide sull’accesso delle società al mercato di capitale di rischio.
In particolare, il Decreto Competitività ha apportato importanti modifiche al D.Lgs. n. 58/98 ( altrimenti noto come TUF) introducendo il nuovo articolo 127-quinquies, che consente alle società quotate o quotande di inserire nei propri statuti il c.d. voto maggiorato, ossia la possibilità di riconoscere un diritto di voto maggiorato a coloro che posseggono azioni della società per un determinato periodo di tempo.
In tal modo viene superato il tradizionale principio “one share one vote”, cristallizzato all’art. 2351, quarto comma, c.c., altresì emendato dal Decreto Competitività.
Tale principio cardine del sistema proporzionale è volto a garantire un rafforzamento del controllo societario in capo all’investitore di maggioranza. Si tratta di un sistema che indubbiamente offre maggiori tutele a chi investe nella società, ma dall’altro lato non incentiva l’apertura del capitale.
Il riconoscimento del c.d. voto maggiorato, invece, permette di scindere dalla maggioranza del capitale sociale il potere gestionale dei soci-fondatori, stimolando così una maggiore partecipazione al progetto societario da parte dei soggetti più fedeli allo stesso, limitando al contempo interferenze da parte di soggetti terzi non interessati ad investimenti di lunga durata.
L’introduzione delle c.d. loyalty shares è rimessa all’autonomia statutoria nel rispetto di limiti individuati dalla legge, ossia l’attribuzione fino ad un massimo di due voti per ciascuna azione in possesso dello stesso soggetto per un periodo di tempo non inferiore a due anni decorrenti dalla data di iscrizione in un apposito elenco istituito a cura delle società.
L’effettiva portata del nuovo articolo 127-quinquies dipenderà senz’altro da come il voto maggiorato verrà recepito negli statuti delle società quotate o quotande, a cui ad esempio è rimessa la facoltà di determinare il periodo continuativo del possesso delle azioni a decorrere dal quale viene attribuito il voto plurimo, dal momento che è stato indicato ex lege soltanto il limite minimo (ventiquattro mesi), ma non quello massimo.